LORETO MARTINA
La pittura di Loreto Martina nasce essenzialmente dal gesto, dalla tensione del gesto. Indubbiamente l’artista riprende e approfondisce l’espressionismo astratto, che del gesto ha fatto il motore della pittura, ma non rimane chiuso in esso: la sua irrequietezza lo porta ad esplorare un’ampia gamma di possibilità offerte dall’astrazione. Con una propria, originale, cifra creativa, si muove liberamente tra una dimensione informale, in cui viene meno ogni riferimento a configurazioni definite dello spazio, ed una prospettiva in cui le forme rivendicano il loro protagonismo e il colore torna a riempire aree omogenee, determinate e circoscritte. Anche sul terreno dell’informale l’artista percorre sentieri diversi: modula il livello delle tensioni, l’intensità della drammaturgia, la temperatura emotiva. Le superfici si configurano come campi di forza di livello energetico variabile, in cui si attivano dinamiche più o meno convulse, a seconda del grado di tensione, che in certi casi risulta violento, in altri più disteso. I dipinti si presentano a volte concitati e contrastati, a volte vibranti e increspati, oppure pacati e placati.
Le differenze si collocano all’interno di una logica della serie. Martina infatti dipinge per cicli. Un’opera singola non esaurisce il pensiero pittorico che lo guida. Ogni motivo, intendendo questo termine quasi in senso musicale, viene ripreso, approfondito, variato. Dà origine a dittici, trittici, serie. In questo modo l’artista saggia le potenzialità racchiuse in una matrice espressiva, ne esplora le compatibilità. Quando inizia un altro ciclo cambia matrice, inizia ad indagare un nuovo pattern dinamico-cromatico, con varianti che rivelano di volta in volta le possibili attualizzazioni dello schema latente.
Anche nella mostra “Sinai e gladioli” propone questo modo di operare. Possiamo accostarci alla mostra proprio tenendo presente questo processo creativo. Sinai e gladioli sono le etichette di due cicli pittorici: suggerimenti importanti, indicazioni da tenere in considerazione, ma che non debbono fuorviare: l’intento di Martina non di raffigurare né di rappresentare. I significati veicolati dai titoli non sono dati realistici, ma allusioni ad uno stato mentale ed emotivo, espresso dai toni cromatici, dai contrasti di luce, dalla dinamica dei gesti pittorici. L’autentico significato è senza parole, è quello incorporato nella pittura e nelle sensazioni che a livello diretto, intuitivo, pre-verbale, il dipinto comunica. Ci troviamo di fronte ad un’esperienza unitaria, nella quale il significante e il significato, il sensibile e il sovrasensibile, superate distinzioni e opposizioni, sono indistinguibilmente connessi.
A questo proposito va segnalata la ricercatezza e la complessità del linguaggio pittorico di Martina, la sapienza nell’utilizzo di una straordinaria varietà dei gesti pittorici, che va da pennellate minute e tocchi calibrati, a colature, spruzzi, dripping, spazzolature, tratti di straccio e di spugna. Casualità e controllo si compongono in una sintesi prodigiosa, che attiva contemporaneamente il conscio e l’inconscio, l’istinto e la riflessione, il corpo e la mente, l’occhio e la mano. Tutta la vitalità fisica, intellettuale ed emotiva dell’artista si riversa nelle sue opere.
Mentre sovente le vicende dell’astrazione e dell’informale tendono ad esaurirsi in un estetismo vuoto, tanto raffinato quanto futile, la pittura di Martina, con la sua dinamica complessa e rigorosa, comunica energia e risveglia la vitalità dello spettatore.
Il ciclo “Sinai” è composto da opere di grandi dimensioni, in cui si è quasi sollecitati ad entrare e come risucchiati. Le accomuna una tonalità cromatica dominante, il marrone chiaro, color sabbia; sullo sfondo luminoso, neutro, si stagliano presenze più scure. La varietà dei tratti, delle macchie, delle pennellate, delinea in primo piano emergenze visive dalla forte valenza segnica. Ad uno sguardo approssimativo appaiono avvicinarsi ad una disgregazione caotica, ma ad una lettura più attenta risultano governate da una organizzazione dello spazio sempre controllata e sicura. Percepiamo un’elevata tonalità emotiva: sta accadendo qualcosa di complesso e di coinvolgente, ma non drammatico; la tensione è vibrante, non dolorosa. E’ evocata una dimensione sorgiva, inaugurale, generatrice. Si potrebbe azzardare il riferimento ad un senso di natalità, privo di sentimentalismo e di melensaggine, ma seriamente consapevole dell’evento indeducibile e misterioso dell’origine.
I dipinti della serie “Gladioli”, di dimensioni più contenute, sono caratterizzati da un altro impasto pittorico e da una diversa organizzazione dello spazio, che è gestito attraverso zone dai confini identificabili e con stesure omogenee e compatte. Affiorano forme, aree circoscritte e delineate. Gli accordi cromatici sono armonizzati sui toni del viola. La tonalità emotiva appare quella di un raccoglimento vagamente malinconico, in cui la contemplazione si vela di nostalgia.
La forma si ripresenta anche nei due grandi teleri verticali, nei quali troviamo masse cromatiche accordate sui toni caldi del rosso e dell’arancio. Qui addirittura le masse sembrano alludere a figure, distinte dallo sfondo, riconoscibili per i tratti arrotondati, articolati, che richiamano vagamente sagome animali.
Ad un altro ciclo appartiene il dittico attraversato da pennellate fluide, di ampio spessore, tracciate con gesti veloci e continui. Pittura liquida sui toni del grigio, del bianco e del marrone. Pittura pura, senza significati né riferimenti, dove la rapidità, l’impetuosità, l’imprevedibilità del gesto generano superfici dominate con sicurezza, senza incertezze né cedimenti, in cui il movimento conserva tutta la sua energia e al tempo stesso si compone, senza irrigidirsi, in una struttura di grande equilibrio.
Ma al di là delle differenze che caratterizzano i vari cicli pittorici, va sottolineata l’unità stilistica che li accomuna; un’unità che si colloca sul terreno della grande sapienza cromatica, della raffinatezza esecutiva, della straordinaria padronanza delle tecniche, sempre utilizzate per finalità espressive.
C’è un aspetto decisivo che costituisce la cifra originale della pittura di Martina: la sua capacità di voltare le spalle alle convenzioni, la noncuranza di tutte le buone regole e le buone maniere in pittura, il confrontarsi con la violenza, il disordine, la disgregazione, per collocarsi su un piano in cui la forza e l’armonia, l’intensità e il rigore, trovano una compiuta conciliazione e raggiungono una sintesi che è autentica espressione di vita.
Corrado Castellani