Lei si chiamava Bianca Brustolon e cent’anni fa, al tempo dell’invasione, si è trovata con il nemico in casa in quel di Vittorio Veneto. Aveva trent’anni e «due occhi neri come fossero diamanti, paragonabili solo a quelli di Picasso. Con un’occhiata ti carezzava e con l’altra ti fulminava», racconta la nipote ottantenne Lucia Celot (Bianca era la sorella di Graziosa, nonna materna di Lucia). Tutto quello che Binaca ha vissuto lo ha riportato minuziosamente nel suo Un diario. Vittorio 1917-1918, edito da De Bastiani. Che sarà presentato oggi alle 17 nella sede municipale di via Marconi 3 a Rua di Feletto (organizza il Comitato della Biblioteca, a cura di Claudia Meneghin). Si tratta di un vero e proprio diario, scritto nell’anno dell’invasione, il 1917, da Bianca Brustolon, nata il 10 ottobre 1887 da Pietro e Filomena Marsoni, terza di quattro fratelli. I suoi genitori gestivano, fino agli inizi del secolo, l’albergo Aquila Nera, diventato dopo Stella d’Oro nel palazzo di stile liberty in piazza Luigi Borro, di fronte all’ex Cassa di Risparmio. Nell’anno dell’invasione Bianca annota tutto quello che vede e successivamente trascrive questi appunti in sedici quadernetti scolastici. Solo agli inizi degli anni Ottanta, su sollecitazione dei nipoti, acconsente a dare alle stampe il suo lavoro, ma la vita non le basta per vederlo pubblicato. Muore il 10 aprile 1984 all’età di 96 anni e mezzo.
I NIPOTI
«Mia prozia aveva una grande personalità, era coraggiosa, aveva una fede profonda e non le mandava certo a dire a nessuno. Lei teneva testa a tutti quei barbari, come li definiva lei, perché si erano insediati in casa loro e da lì comandavano ricorda Lucia. Un giorno, un ufficiale austriaco le disse «noi ci impossesseremo anche di Milano e io andrò alla Scala», e Bianca, guardandolo fisso, con quelle due baionette di occhi che aveva, gli rispose: «Quando arriveranno i nostri soldati, voi non farete neppure in tempo a mettervi gli stivali per scappare e poi lei la Scala la vedrà da Vienna con il binocolo». Ogni pagina di questo libro descrive l’invasione come era vista dall’interno di casa sua. Bianca infatti non usciva mai, se non per andare a Messa. Dalla sua abitazione osservava quel che avveniva intorno: i soldati che occupavano le case, i borghesi concittadini che rubavano qua e là dagli appartamenti abbandonati dai profughi, l’andirivieni della truppa, dei carriaggi, delle salmerie sulla strada ridotta a fosso melmoso, gli aerei impegnati in duelli e poi vedeva i lampi notturni dei bombardamenti sul fronte del Piave, con la terribile colonna sonora del rombo dei cannoni. E ancora, la sincera trepidazione per la sorte dei nostri si alternava all’incredula amarezza nello scoprire che le bombe, anche se dei nostri, non potevano essere buone e seminavano morte e terrore anche tra i fratelli italiani.
IL TESTO
Il libro, già pubblicato negli anni Ottanta – sempre dalla casa editrice De Bastiani – a cura di Aldo Toffoli, è stato ridato alle stampe in occasione del centenario dell’invasione austro-ungarica avvenuta dopo la disfatta di Caporetto. «Mi piacerebbe molto – conclude Lucia – che questo libro entrasse nelle scuole medie, perché racconta gli avvenimenti da chi li ha vissuti». Nel corso della presentazione di oggi saranno letti alcuni passaggi del diario a cura di Mario Ballotta, inframezzati dalle musiche eseguite dagli alunni e dagli insegnanti della scuola Camillo Battel.
Vesna Maria Brocca (tratto da Il Gazzettino)